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  • Multinazionali responsabili: cosa implica per noi?

    Multinazionali responsabili: cosa implica per noi?

    L’iniziativa multinazionali responsabili parte con dei giusti principi morali ed etici, ma nessuno si chiede: cosa implica per noi?

    Le aziende svizzere verranno prese di mira e dovranno rispondere di ogni minimo errore causato da delle loro filiali riscontrato in una qualsiasi altra parte del mondo. Le nostre imprese potranno anche essere chiamate a rispondere dei problemi causati da società terze, quali ad esempio i fornitori o i beneficiari prestiti. A questo punto sarà facile puntare il dito contro una di queste aziende, le quali diventeranno vulnerabili e facilmente attaccabili, magari quando in realtà non hanno commesso nulla di illecito. Bisogna inoltre tenere conto che questa iniziativa non andrà solo a toccare le multinazionali, ma pure le PMI, le quali verrebbero svantaggiate fortemente, in quanto essendo “piccole e medie” non hanno la stessa disponibilità economica delle grandi aziende per potersi difendere da eventuali attacchi veritieri o fasulli.

    Inoltre, i giudici saranno tenuti a prendere decisioni su fatti e problemi accaduti dall’altra parte del mondo e dovranno farlo senza la consultazione di fatti primi, ma soltanto mediante l’uso di testimonianze e prove terze. Come possiamo essere sicuri che in questo modo le informazioni siano veritiere e non influenzate o manipolate da altri per il proprio tornaconto?

    Perciò questa iniziativa comporterà lo spostamento delle multinazionali in un’altra parte del mondo e verranno a mancare molti posti di lavoro e licenziate molte persone. D’altra parte, ci sarà anche una diminuzione di entrate a livello economico in quanto non essendo più in Svizzera le imprese non pagheranno più le imposte.

    Occorre dunque trovare un modo giusto di aiutare gli altri senza rovinare noi stessi e quello che abbiamo costruito con tanta fatica negli ultimi secoli.

    Pamela Molteni

    Giovani UDC

    Capriasca

  • Noi, i giovani contrari alle imprese “responsabili”

    Noi, i giovani contrari alle imprese “responsabili”

    Il 29 novembre il popolo svizzero sarà chiamato a votare per una arlecchinesca iniziativa per “responsabilizzare” le imprese svizzere all’estero. Questo progetto, al contrario di quello che ci vogliono far credere con i manifesti pubblicitari, mira a danneggiare le Piccole e Medie Imprese e l’economia svizzera nel complesso.

    A noi come Giovani UDC quest’iniziativa non piace, per svariati motivi: il nostro bellissimo paese non deve diventare il tribunale delle nazioni che non riescono a gestire le imprese straniere sul loro territorio, con leggi e controlli. Come tutti sanno, contrariamente a ciò che si dice, le aziende svizzere in molti casi, creano stabilità, offrono posti di lavoro e delle possibilità di formazione in regioni poco sicure e in via di sviluppo.

    Essendo che le PMI costituiscono il 99% delle aziende svizzere, quest’iniziativa penalizzerebbe di gran lunga la nostra economia, rischiando di far trasferire all’estero queste società. Infatti, questo progetto non danneggerebbe soltanto le multinazionali, come leggiamo su tutti i giornali, bensì verrebbero intaccate principalmente le imprese più piccole, a causa della concorrenza con altre aziende straniere. Le PMI sono la spina dorsale, la colonna portante del nostro paese, e perderle sarebbe un problema per le entrate e per gli impieghi in Svizzera. In futuro, noi giovani, non vorremo vivere in un paese dove trovare lavoro è impossibile, bensì in un paese rigoglioso e godendo delle stesse possibilità che hanno avuto i nostri genitori prima di noi.

    Con questa iniziativa la sinistra riesce a ricevere consensi soltanto perché tocca il cuore delle persone con immagini di distruzione, inquinamento e ingiustizie. Però non tutti sanno che esisterebbe un contro-progetto per aiutare queste popolazioni, con idee fondate su principi che funzionano veramente, senza però distruggere l’economia svizzera. Inoltre, ammettendo di togliere tutte le aziende dal panorama africano, comunque ci sarebbero altre aziende straniere ad occuparne il territorio e le risorse. Il problema è globale, e come tale deve essere risolto. La Svizzera da sola non può cambiare le cose.

    Ecco perché noi, Giovani UDC, invitiamo a votare un massiccio NO a questa iniziativa “strappa-lacrime”, per evitare che il futuro di noi giovani venga compromesso e il benessere della Svizzera distrutto.

    Christian Mangiacavalli e Jacopo Strahm

    Giovani UDC Ticino

  • Preferenza indigena e formazione per dare futuro ai giovani!

    Preferenza indigena e formazione per dare futuro ai giovani!

    Perché dire si all’iniziativa per la limitazione? I motivi sono molteplici: variano dalla tutela dell’ambiente e del nostro territorio fino alla tutela della popolazione, ovvero noi cittadini.

    Soffermandoci su questo ultimo punto, in particolare garantiremmo ai giovani sia in formazione che diplomati un posto di lavoro.

    Purtroppo, è ormai evidente che i giovani hanno difficoltà nel trovare un posto di lavoro, in quanto è più facile prendere una persona straniera che si può retribuire di meno. Questa situazione è frustante ed ingiusta, perché i ragazzi si impegnano ad ottenere dei buoni risultati per poter praticare il lavoro dei propri sogni per cui hanno faticato tanto, ma invece si vedono portar via il loro duro lavoro per futili scorciatoie altrui. Un esempio lampante e opportuno visto il momento difficile che il mondo intero sta passando si trova nel settore sanitario. Quanti ragazzi devono rinunciare a studiare medicina a causa del Numerus Clausus, ovvero del test d’ammissione alle università della Svizzera tedesca?

    Quest’anno i posti disponibili per medicina umana (inclusa chiropratica) sono soltanto 1107, inoltre bisogna considerare che qualche studente boccia e qualcun altro lascia perché capisce che non è la sua strada. Perciò i medici formati sono sempre meno di quelli che iniziano il percorso, ma la popolazione aumenta e di conseguenza anche il loro bisogno. Dunque, per risolvere questo problema di mancanza di medici al momento la soluzione è di cercarne altri che provengono da altri paesi. Sarebbe più opportuno invece aumentare i posti d’ammissione e permettere a più giovani di intraprendere la carriera in ambito sanitario, così da non dover dipendere da altri paesi in momenti di urgenza come quello che stiamo vivendo ora.

    Perciò dire si all’iniziativa per la limitazione permetterebbe ai giovani di perseguire i propri scopi, obbiettivi e sogni. Perché chi studia oggi, lavora domani e chi lavora domani garantisce un futuro a sé stesso e agli altri.

     

    Pamela Molteni, Capriasca

  • Votate si all’iniziativa per la limitazione: fatelo per noi giovani!

    Votate si all’iniziativa per la limitazione: fatelo per noi giovani!

    Sono una giovane studente nata e cresciuta nel Luganese, e con l’avanzare del tempo osservo i miei coetanei ticinesi finire un percorso scolastico senza trovare un posto di lavoro nel Canton Ticino. I datori di lavoro assumono manodopera straniera a basso costo e sempre di più noi giovani dobbiamo far fronte ad una grossa concorrenza con l’estero.

    Con il passare degli anni la lingua straniera ha superato quella italiana e romancia, così come l’alto tasso di criminalità e incarcerazione straniera in Svizzera, considerando che la metà dei criminali stranieri non viene neppure espulsa, questo ci preoccupa molto e se non agiamo ora la situazione può solo che aggravarsi.

    Dal 2007 con l’introduzione della libera circolazione quasi un milione di persone sono immigrate nel nostro paese, ogni anno circa 75’000 immigranti in più, dei quali ¾ provenienti dall’UE. Tra poco meno di 10 anni raggiungeremo una Svizzera da 10 milioni di abitanti, con una serie di conseguenze nefaste: i nostri bellissimi paesaggi saranno sempre di più coperti di cemento, un calo della qualità dei trasporti pubblici e l’aumento delle ore in colonna, gli affitti in centro città sempre più cari.

    La Svizzera ha un alto tasso di stranieri di cui 6/10 beneficiari di aiuto sociale sono stranieri, di conseguenza questa immigrazione incontrollata costa annualmente 3500 franchi ad ogni cittadino.

    Noi giovani vogliamo un futuro più sicuro, un posto di lavoro nel nostro cantone accessibile a tutti, maggiore protezione dell’ambiente, più opportunità di formazione per la generazione futura, migliore qualità dei mezzi pubblici e una preferenza indigena. Per questo noi giovani votiamo SI all’iniziativa per la limitazione il prossimo 27 settembre.

    Marta Cantinotti, Sonvico

  • Iniziativa per la limitazione: chi si batte per il clima dovrebbe votare SI

    Iniziativa per la limitazione: chi si batte per il clima dovrebbe votare SI

    Chi si batte per il clima dovrebbe votare SI all’iniziativa per la limitazione. Sembra un paradosso, ma in realtà non è così: è una scelta molto logica e sensata.

    Dall’introduzione della piena libertà di circolazione delle persone nel 2007, un numero netto di circa 75.000 persone è immigrato in Svizzera ogni anno, di cui 50.000 stranieri dell’UE. Ognuna di queste persone ha bisogno di un appartamento, un mezzo di trasporto, usa servizi statali e consuma acqua ed elettricità. Allo stesso tempo, la Svizzera dovrebbe ridurre le emissioni di CO2, smettere di costruire sui terreni coltivati e tenere sotto controllo i costi sanitari.

    Per dare abitazione al circa 1 milione di immigrati abbiamo dovuto costruire nuove abitazioni su un’area grande come 57.000 campi da calcio.  Si tratta di 407 milioni di metri quadrati di natura che sono stati ricoperti di cemento.  Questo include circa 454.000 nuovi appartamenti.

    Un milione di immigrati significa anche 543.000 auto in più e 789 autobus in più sulle strade e 9 miliardi di chilometri percorsi in più. Se la Svizzera dovesse raggiungere davvero entro il 2030 la popolazione di 10 milioni di abitanti, sarà necessario un ulteriore aumento della rete stradale, in quanto sempre più auto saranno in circolazione, emettendo anche ulteriore C02. L’ufficio federale dello sviluppo territoriale prevede infatti che il numero di automobili in circolazione nel 2040 aumenterà ancora del 26%.

    L’immigrazione incontrollata ha conseguenze anche sul consumo di energia. Con la Strategia energetica 2050, la Svizzera ha deciso che entro la fine del 2035 il consumo di energia pro-capite deve diminuire del 43% rispetto al 2020. Ciò per compensare l’elettricità prodotta dalle centrali nucleari, che devono essere chiuse per motivi politici. Tra l’anno di riferimento 2000 e il 2018, il consumo di energia pro-capite è diminuito del 18,8%, soprattutto a causa del progresso tecnico (motori a combustione efficienti, nuova tecnologia edilizia, lampade a LED, apparecchi a basso consumo, produzione interna di energia solare, ecc.) Nello stesso periodo, tuttavia, il consumo totale di energia in Svizzera è diminuito solo dell’1,9%. In altre parole, gli effetti di risparmio di ogni singolo svizzero sono quasi completamente assorbiti dalla crescita della popolazione a causa dell’immigrazione incontrollata

    Secondo l’accordo sul clima di Parigi, la Svizzera dovrebbe ridurre le emissioni di C02 del 50% entro il 2030. Quando la Svizzera siglò il trattato, nel 1990, aveva però 6,5 milioni di abitanti. Con la libera circolazione delle persone, nel 2030 in Svizzera vivranno 10 milioni di persone, che consumano, si spostano e producono CO2. Anche supponendo un graduale rinuncio alle automobili e una netta riduzione di emissioni nel settore industriale, con una popolazione così grande sarà impossibile per una Svizzera con oltre 10 milioni di abitanti di raggiungere l’obbiettivo previsto dell’accordo di Parigi.

    È pertanto necessario che la Svizzera torni a gestire in modo autonomo la propria immigrazione. Una Svizzera da 10 milioni di abitanti non è sostenibile né dal punto di vista economico ne dal punto di vista climatico.

     

    Fonti:

    https://www.admin.ch/gov/de/start/dokumentation/medienmitteilungen.msg-id-77940.html

    https://www.bfs.admin.ch/bfs/de/home/statistiken/raum-umwelt/bodennutzung-bedeckung/siedlungsflaechen/einwohner.assetdetail.348986.html

    Bundesamt für Raumentwicklung (2016): «Perspektiven des Schweizerischen Personen-und Güterverkehrs bis 2040. Synthesebericht», S. 32

    BFE, Energiestrategie 2050, Monitoring-Bericht 2019, S.10

    Diego Baratti

    Presidente Giovani UDC Ticino

  • I giovani vogliono lavorare, non l’assistenza sociale!

    I giovani vogliono lavorare, non l’assistenza sociale!

    A seguito dell’emergenza coronavirus, una triste realtà che tocca non solo il Ticino ma tutta la Svizzera è balzata all’onore della cronaca: la disoccupazione giovanile. I dati parlano chiaro: Il numero di giovani disoccupati ad aprile (tra 15-24 anni) è aumentato di ben 2’436 unità (vale a dire +20,1% rispetto il mese precedente) arrivando al totale di 14’556. Ciò che corrisponde a 2’983 persone in più (+25,8%) rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Secondo i dati ILO, la disoccupazione giovanile effettiva in Svizzera tocca oggi il 10%.

    L’economista Stefan Wolter, professore all’università di Berna, già il mese scorso sul Tages Anzeiger aveva anche lanciato un campanello di allarme in questo senso. Egli aveva affermato che “Studi mostrano che le persone che arrivano sul mercato del lavoro in periodo di crisi sono penalizzate per anni con salari inferiori o disoccupazione.” La stessa Università di Berna stima che nei prossimi due anni potrebbero rimanere senza apprendistato fino a 6000 giovani. Un dato disarmante per un paese prospero e ricco come il nostro. Infatti i giovani vogliono lavorare, non l’assistenza sociale!

     

    I Giovani UDC per far fronte a questa situazione hanno presentato due mozioni in questo senso al consiglio nazionale, chiedendo incentivi fiscali per le aziende virtuose che assumono giovani e apprendisti residenti in questo periodi di crisi e una semplificazione dell’apparato burocratico. Infatti troppi imprenditori hanno già rinunciato all’apprendistato perché in molti settori la burocrazia è dilagante e sottrae alle aziende a valore aggiunto innumerevoli ore di lavoro.

    Un problema già noto prima del coronavirus

    Ma il problema della disoccupazione giovanile persisteva già prima del coronavirus. Di storie negli ultimi anni ne abbiamo sentite tante: dal padre disposto a pagare per vedere la figlia lavorare, la diplomata che da 5 anni non trova lavoro, lo studente neolaureato al politecnico che dopo anni di intenso studio guadagna neanche 3000 CHF al mese, fino ai commercianti che pur di non assumere, facevano continuamente lavorare in prova gratuitamente degli speranzosi candidati, per poi a fine settimana dargli il ben servito senza nemmeno pagarli.

     

    Alcuni riescono a sopravvivere facendo qualche lavoretto qua e là. Altri invece si reinventano e provano a lanciare la propria attività indipendente. Altri invece cercano fortuna oltre Gottardo. Ma non a tutti va così bene: tanti rimangono a casa, chiedendosi come mai la società non riesca ad inserirli nel mondo del lavoro, dando erroneamente la colpa a sé stessi. Spesso la disperazione e questo senso di inutilità portano alla depressione.

    Ma come siamo giunti a tutto ciò? La causa principale è soltanto una: la libera circolazione delle persone. L’accesso a manodopera straniera a basso costo ha portato noi giovani con poca esperienza lavorativa a diventare superflui ed essere visti più come un costo invece che un investimento. Votare SI all’iniziativa per la limitazione il prossimo 27 settembre è quindi un atto di responsabilità verso noi giovani per difendere ciò che più dovremmo avere più a cuore, ossia il nostro futuro.

     

    Diego Baratti

    Vicepresidente Giovani UDC

    Studente di Economia

  • Niente esercito, niente Svizzera.

    Niente esercito, niente Svizzera.

    Caro Cavalli, cari giovani rossi,

    vi scrivo perché negli ultimi giorni non ho potuto non notare il fatto che in certi vostri ambienti della politica ticinese vige un’idea non corretta del nostro esercito. Un’opinione, quella della sinistra, spesso dovuta dall’ignoranza di persone che la scuola reclute non l’hanno nemmeno fatta. Ciò fa si che molti giovani battenti bandiera rossa scrivano discorsi e argomenti privi di senso e fondamento.

     

    La neutralità… che decisione saggia quella presa già nel XVII secolo vero? La scelta dopo secoli di conflitti di non profilarsi con alcun Stato. Eppure è proprio grazie ad un sistema di milizia affinato con il tempo, ad una presenza capillare sul territorio, che ci ha garantito sino ai giorni nostri pace e stabilità all’interno del continente europeo. La nostra è una neutralità armata da sempre, ciò ha reso la nostra amata Svizzera il Paese che conosciamo: quieto e tranquillo. Perché volere cambiare tutto ciò? A che scopo?

    Molti dei tuoi compagni, caro Cavalli, ancora oggi credono che l’esercito serva solamente a “farsi la guerra”. Ebbene caro Franco, ai nostri tempi in Svizzera la figura dell’esercito è ben maggiore a quella che pensate. Interventi laddove le forze civili non intervengono, messa in sicurezza di aree e zone di grandi dimensioni, difesa dello spazio aereo nazionale, controllo e presenza lungo i confini nazionali, sostegno alla popolazione in situazioni di emergenza, e non solo di guerra. Alluvione del 2005 in Svizzera interna ti dice qualcosa?

     

    Un esempio palese lo abbiamo visto fino a qualche settimana fa: l’Esercito si è preso a carico la messa in atto delle direttive emanate dalla Confederazione per contrastare il Covid19. Le ambulanze verdi che vedevamo per strada, trasportavamo pazienti affetti da Coronavirus, non erano in giro a “giocare alla guerra”. Le postazioni di triage in tutta la Svizzera hanno avuto come obiettivo la messa in sicurezza di luoghi pubblici potenzialmente a rischio. Il tutto a beneficio vostro cari giovani socialisti e di tutta la popolazione. Non dimentichiamo poi le reclute e i volontari rientrati in servizio che hanno dato un aiuto logistico a quelle strutture che ne avevano bisogno.

     

    Le migliaia di giovani reclute che ogni anno vengono chiamate a svolgere il proprio servizio militare, non si addestrano solamente a “fare la guerra”. C’è ben altro! Impari a conoscere i tuoi limiti, impari ad apprezzare le persone per quello che sono, così come fai con i camerati. Impari a essere una persona migliore sconfiggendo paure e timori grazie all’aiuto del resto della sezione. Impari a destreggiarti nelle altre lingue nazionali. Impari a maneggiare armi, fucili d’assalto, e pistole per esempio, ma allo stesso tempo vieni messo al corrente di come metterli in sicurezza. La scuola reclute è una scuola di vita. Entri da ragazzo adolescente e esci da uomo. Termini i tuoi mesi in divisa affrontando la vita in modo diverso grazie all’esperienza dovuta alla caserma ma soprattutto al cameratismo e alle persone che hai conosciuto. Lo stesso vale per un altro tassello importante della salvaguardia e la protezione della popolazione: la protezione civile.

     

    Caro Franco, cari giovani socialisti, cari giovani comunisti, e cari tutti,

    le disgrazie sono qualcosa che non vorremmo mai succedessero, soprattutto quando sono giovani ragazzi e perdere la vita. L’Esercito svizzero non è perfetto, ha lacune e migliorie da fare senza ombra di dubbio, ma non è qualcosa da smantellare. Di errori ce ne sono stati e sicuramente ce ne saranno altri. È impensabile che in un sistema di grandi dimensioni sia tutto perfetto. Ma non bisogna fare di tutta l’erba un fascio.

     

    L’Esercito fa parte della nostra società, delle nostre tradizioni. Fa parte di noi come società, del nostro essere svizzeri. Una Svizzera senza un esercito di milizia, o senza esercito del tutto, sarebbe la fine della Svizzera che conosciamo noi. Una nazione da molti considerata un faro. E cari miei, che vi piaccia o no, il nostro amato sistema di milizia è parte integrante di esso. Ditemi, chi si occuperebbe della salvaguardia della popolazione in caso di altre pandemie? Chi garantirebbe la protezione della popolazione in caso di catastrofi naturali se non addirittura altro? Voi battenti bandiera rossa? Non credo proprio!

     

    Daniel Grumelli, presidente Giovani UDC Ticino

  • No allo spionaggio di massa!

    No allo spionaggio di massa!

    Negli ultimi mesi, l’epidemia del coronavirus ha portato a un cambiamento radicale nella nostra vita quotidiana, che ha subito grandi restrizioni.

    Ora il governo sembra voler limitare ulteriormente il nostro diritto alla libertà e alla privacy permettendo l’introduzione di una speciale app per monitorare i nostri movimenti. Senza entrare nei tecnicismi, l’app sarà in grado tracciare la posizione dei nostri spostamenti, e di avvertirci tramite notifica qualora fossimo entrati in contatto con una persona che ha poi manifestato i sintomi del Covid-19. Il tutto funzionerebbe tramite tecnologia Bluetooth.

    Tuttavia, il progetto solleva seri dubbi sull’uso e sulla protezione dei dati raccolti: infatti già negli scorsi giorni il famoso epidemiologo Marcel Salathé, uno dei sostenitori dell’app, aveva abbandonato il progetto, denunciandone a gran voce la mancanza di trasparenza, mentre molti esperti del settore si sono detti preoccupati circa l’ottenimento e la gestione di dati personali, che potrebbero venir impiegati per altri motivi oltre a quello di combattere il coronavirus o addirittura essere rivenduti a terzi.

    Visto le numerose perplessità degli esperti, i Giovani UDC chiedono che il governo ticinese intervenga con una moratoria provvisoria della suddetta App, e che cominci un dialogo con il governo federale e il Politecnico di Zurigo per richiedere informazioni più dettagliate circa l’utilizzo dei dati e la protezione della privacy dei cittadini. I Giovani UDC richiedono anche che il Governo Ticinese non partecipi in nessun modo allo sviluppo e diffusione dell’app, né a livello finanziario, né organizzativo (ad esempio tramite pubblicità sui canali ufficiali del Cantone).

    Dobbiamo trovare il giusto equilibrio tra la tutela della salute e la protezione della nostra privacy. Un’applicazione che solleva più domande che risposte mette la nostra società in grande pericolo, dobbiamo evitare un secondo scandalo delle schedature.

  • Il Coroanvirus ferma le comunali e le nostre attività, ma torneremo.

    Il Coroanvirus ferma le comunali e le nostre attività, ma torneremo.

    Il Consiglio di Stato ha deciso, a causa dell’emergenza coronavirus, di annullare le elezioni comunali di aprile, che si terranno ora nel 2021.

    Anche tutte le nostre attività in programma sono fino a nuovo avviso annullate.

    Torneremo appena possibile più forti e determinati di prima, per combattere e difendere il nostro futuro.

    RIMANETE IN SALUTE!

    Giovani UDC Ticino

  • Un chiaro SI al congedo paternità!

    Un chiaro SI al congedo paternità!

    Durante l’ultimo Comitato Cantonale dei Giovani UDC Ticino, riunitosi negli scorsi giorni a Mezzovico, tra i vari temi all’ordine del giorno vi era quello del congedo paternità. Dopo averne discusso attentamente e dopo aver ascoltato le diverse opinioni dei presenti si è giunti ad una decisione chiara e ben definita: il compromesso di due settimane di congedo paternità deve essere sostenuto.

    La nostra società si basa sulla famiglia. Un valore che lentamente ma inesorabilmente sta perdendo sempre più importanza tra la popolazione. Viviamo in un’era dove tutto va di fretta. C’è chi preferisce il lavoro alla famiglia e c’è chi d’altra parte vorrebbe poter crescere una famiglia ma non ne ha i mezzi né il sostegno. Noi crediamo fermamente che un congedo paternità di due settimane possa essere un trampolino di lancio da parte della

    Confederazione e dei Cantoni a sostenere padri, genitori e famiglie ad avere la possibilità di vivere dignitosamente e nel miglior modo possibile. Pensiamo a quelle famiglie del ceto medio e basso che ogni mese fanno fatica a fare fronte all’aumento dei costi che devono affrontare mensilmente. Per non parlare poi degli aiuti sociali dati sovente in modo errato. Quante volte le famiglie arrivate in Ticino o in Svizzera da poco hanno in brevissimo tempo il sostegno finanziario per vivere agiatamente a scapito invece di quei ticinesi e di quelle ticinesi che si vedono rifiutare aiuti che avrebbero bisogno loro in primis per poter crescere i loro figli.

    In una Svizzera dove avvengono più decessi che nascite e con un invecchiamento sempre maggiore della popolazione, si rischia fortemente di arrivare al giorno in cui il numero degli abitanti segnerà una percentuale negativa rispetto a ora. Attualmente la continua immigrazione verso il nostro Paese fa sì che tutto ciò non avvenga. È questo che vogliamo? Noi no!

    Come Giovani UDC Ticino siamo quindi convinti che il compromesso di due settimane sia una soluzione conveniente per tutti. Padri, famiglie e imprese. Impiegati di grandi enti e aziende attualmente posso permettersi congedi paternità di tre settimane e più. La maggioranza dei lavoratori invece ha a malapena un massimo di tre giorni. La disparità è enorme e bisogna colmarla. Tutti i padri, come avviene per le (neo)mamme, dovrebbero avere il diritto di vivere a pieno i primi giorni di vita del proprio figlio. Noi ne siamo convinti! NO al referendum, SÌ al congedo paternità di due settimane.