Categoria: Articoli

  • Difendiamo il nostro futuro, votiamo GUDC!

    Difendiamo il nostro futuro, votiamo GUDC!

    Discorso elettorale di Diego Baratti, vicepresidente Giovani UDC Ticino, al congresso Elettorale UDC di Ascona.

     

    Negli ultimi tempi in diversi mi hanno chiesto come mai come giovane io abbia deciso di mettermi in gioco in politica. Molte le critiche, soprattutto quando dico che sono candidato per l’UDC. “Ma proprio con quelli li dovevi metterti?”, “Ah ma allora tu sei razzista!” questi due dei commenti più frequenti, che sicuramente avrete sentito dirvi anche voi. Già per un giovane è difficile interessarsi alla cosa pubblica, figuriamoci se viene continuamente apostrofato in questo modo dà molta gente.

    Ma io non mollo. Daniel Grumelli, Davide Piatti, Idil Kopkin, Antonio Leucci, Leo Valsangiacomo, Simone Orlandi, Raide Bassi e Tiziano Sala non mollano. Noi giovani UDC non molliamo. Questo perché come giovani siamo consapevoli che ciò abbiamo in Svizzera è tutt’altro che scontato. Ogni generazione prima di noi ha dovuto continuamente combattere per difendere il nostro benessere, la nostra sicurezza, le nostre tradizioni e la nostra indipendenza.

    Ora è giunto il nostro momento di scendere in campo e batterci per ciò che ci è più caro, vale a dire la nostra patria, i nostri diritti, il nostro futuro.

    La Svizzera è sinonimo di benessere, prosperità e sicurezza. Tutti fattori che oggi più che mai sono a rischio a causa del comportamento irresponsabile dei nostri rappresentanti a Berna, che preferiscono difendere i loro meri interessi e non quelli del popolo. La Svizzera come la conosciamo oggi è destinata a sparire, se non interveniamo pretendendo un chiaro cambiamento di rotta.

    Il futuro di noi giovani è in pericolo, e dobbiamo difenderlo dai nostri nemici esterni ed interni, affinché anche la mia generazione, la nostra generazione e tutte quelle future possano ancora lavorare, vivere, sperare e creare famiglia nel nostro paese.

    DIFENDIAMO IL NOSTRO FUTURO! VOTIAMO GIOVANI UDC!

     

    Diego Baratti

    Vicepresidente Giovani UDC

    Candidato al Consiglio Nazionale

  • Essere noi stessi: Liberi e Svizzeri!

    Essere noi stessi: Liberi e Svizzeri!

    Discorso del primo d’agosto di Daniel Grumelli, presidente Giovani UDC Ticino

     

    La Svizzera… quel piccolo Paese con 8.5 milioni di abitanti posto nel bel mezzo del continente europeo. Uno stato secolare, con alle proprie spalle una storia ricca di vittorie e sconfitte belliche, traguardi pioneristici, basti pensare alla ferrovia del Gottardo. Tanti, moltissimi i personaggi che hanno contribuito alla nostra storia: Tell, Dunant, Dufour, Erscher, Franscini, della Flüe, Guisan, ecc…

    E se invece vi parlassi di Stauffacher, landamano di svitto, vittorioso in quel del Morgarthen il 15 novembre 1315 contro gli Asburgo. O di Arnold von Winkelried, anch’esso vittorioso sul Ducato d’Austria a Sempach il 9 luglio 1386.

    Ai principi di agosto del 1291 i tre Länder di Uri, Svitto e Untervaldo; vallate autonome abitate da uomini liberi soggetti all’Impero, tennero il solenne patto federale sul praticello del Rütli. Giuramento che aveva come scopo la protezione giuridica ed economica delle comunità montane poste sulle rive del Lago dei Quattro Cantoni. Nel corso dei secoli a venire altre comunità montane, città imperiali e terre soggette agli Asburgo si unirono al Patto, creando l’allora Vecchia Confederazione. Unità che venne infine consolidata dopo la Guerra Civile del Sonderbund nel 1847, creando infine l’attuale Confederazione Elvetica tramite un sistema di Stato federale.

    Una Svizzera all’avanguardia su molti fronti: sviluppo economico, innovazione, tecnologie, trasporti. Ma questo basta per dire che siamo al sicuro? Che non dobbiamo preoccuparci per il nostro futuro?

    Ebbene no miei cari!

    Da anni ormai la Berna federale, capitanata da sinistroidi, uregiàtt e liberali, non fa altro che remare contro i suoi propri interessi; i nostri interessi. La Svizzera ha accettato l’entrata nello spazio Schengen, la libera circolazione delle persone, il diritto europeo, normative bruxelliane riguardanti la nostra sovranità, armi in primis. Lo svizzero medio, soprattutto il ticinese e il romando non ha più la certezza di arrivare a fine mese senza aver toccato i propri risparmi. Il cittadino residente costa ormai troppo per tutte quelle aziende guidate da liberali e stranieri che preferiscono fare cassetta piuttosto che garantire una rendita sostenibile per i propri dipendenti. Il frontaliere costa due/tre volte meno di un residente, il gioco è subito fatto. Ufficialmente la disoccupazione e stagnante se non in diminuzione, ma nessuno cita i numeri dell’assistenza, sempre più in aumento. Se non fosse che lo Stato si occupa sempre più del sostegno finanziario di migliaia di economie domestiche, avremmo anche noi le strade piene di senzatetto. È questo quello che vogliamo? Una nazione ricca, ma con una popolazione che sempre più fa fatica a campare economicamente? Io NO!

    Voglio, e non vorrei, ma voglio una Svizzera libera da quei traditori della Patria che preferiscono di gran lunga arricchire le proprie tasche a scapito dei cittadini. Voglio una Svizzera che finalmente abbia il coraggio di dire NO alle assurde decisioni umilianti di Bruxelles. Una Berna che guardi oltre l’UE. Basta sottomettersi, è ora di rialzarsi e mostrare i muscoli. Lo abbiamo fatto per secoli.

    Alle prossime elezioni federali, cari amici dell’UDC Ticino, dobbiamo dare un monito a tutti quei concittadini che hanno perso la fiducia nella cosa pubblica. Noi siamo quell’alternativa seria ai partiti borghesi di centro che per decenni hanno promesso di tutto e di più portando allo sfascio il nostro Paese, il tutto assieme ad una sinistra sempre più unita. Noi siamo gli unici a livello federale e cantonale a volere una Svizzera forte e sicura. Un Paese stabile e forte. Un’immigrazione controllata e la garanzia di avere un lavoro e uno stipendio dignitosi, senza preferire i soldi al benessere della popolazione!

    Alla Convenzione di Stans del 1481, con l’aiuto di Nicola della Flüe, fu riaffermato lo spirito confederale dopo anni di tensioni tra i vari membri dell’allora Confederazione. Convenzione che allora premetteva di punire quelle persone che avrebbero messo in pericolo la pace interna e la giustizia. Oggi dovremmo riprendere quelle parole e applicarle a tutti quei politici venduti che hanno indebolito il nostro sistema di diritto, la nostra indipendenza, la nostra neutralità, la nostra sovranità, ma soprattutto di essere noi stessi: LIBERI E SVIZZERI!

  • Autodeterminazione: alla base di uno Stato sovrano

    Autodeterminazione: alla base di uno Stato sovrano

    Ai primi giorni del mese di agosto 1291 sul praticello del Rütli i Cantoni di Uri, Svitto e Unterwaldo diedero vita a qualcosa di allora inimmaginabile, un concetto di fratellanza, convivenza e aiuto reciproco che ancora oggi, dopo ben 727 anni, è alla base della nostra società: la Confederazione Elvetica. Confederazione che però nel corso dei secoli ha dovuto intraprendere numerose sfide legate a diversi fattori che han cambiato il nostro modo di vivere e di pensare. Sfide che oggi giorno oltre a venire dall’esterno, provengono in primis dall’interno.

    Il popolo svizzero ha diverse volte mostrato lo scetticismo nei confronti di un organo superiore al nostro Stato. Nel medioevo il Patto eterno federale nacque anche per contrastare il Sacro Romano Impero, l’attuale Germania. Per poi doversi confrontare con il desiderio imperialistico di Napoleone, il quale fece dell’Europa di allora un gioco di carte. Tutto ciò ha portato già nel 1674 alla dichiarazione di neutralità del nostro Paese, dopo decenni passati a combattere anche in diversi eserciti europei come mercenari.

    Neutralità ed indipendenza che in molti a Berna vorrebbero smantellare. L’autodeterminazione è un concetto basilare per ogni Stato sovrano, eppure una parte della politica nazionale è convinta che sia Bruxelles a dover avere l’ultima parola. Un ente para statale del quale non facciamo nemmeno parte e che non piace a 9 svizzeri su 10. Eppure alla sinistra svizzera tutto ciò piace a attira, tanto da mettere al primo posto gli interessi dell’Unione Europea a quelli della nostra amata Svizzera.

    Un’autodeterminazione che è stata messa alla prova, ma alla quale per fortuna una parte del parlamento federale ha voluto difendere a tutti i costi, Ecco perché in novembre il popolo svizzero sarà chiamato alle urne per votare l’iniziativa federale UDC contro i giudici stranieri. Giudici di Strasburgo per esempio che secondo quanto voluto dalla Berna federale, avrebbero il diritto di pronunciare l’ultima parola anche in materia giudiziaria in Svizzera. In questo modo le decisioni prese dai nostri tribunali, dai magistrati, dai vari procuratori e anche dai giudici del Tribunale Federale potranno essere screditate da organi esterni alla Confederazione. Tutto ciò andando appunto contro il principio di autodeterminazione.

    Oltre al danno anche la beffa, poiché sia il centro che la sinistra svizzera difendono la superiorità dei giudici stranieri per una questione di diritti umani. Come se noi in Svizzera, di diritti umani non ce ne importasse più di quel tanto. Strano però che proprio la Costituzione svizzera ha come fondamento il rispetto dei diritti dell’uomo. Costituzione che è alla base della nostra società e quindi anche del sistema giudiziario e delle sue sentenze.

    È proprio vero che i balivi di Bruxelles non perdono tempo a trovar scuse per smantellare la nostra indipendenza e stabilità all’interno di un Europa sempre più caotica!

    Daniel Grumelli, Presidente Giovani UDC Ticino

  • Permettere alla lobby dei casino di imporre le proprie leggi?

    Permettere alla lobby dei casino di imporre le proprie leggi?

    Il prossimo 10 giugno saremo chiamati a votare sulla spinosa legge sui giochi in denaro, sulla quale a livello nazionale giovani UDC e giovani liberali hanno lanciato il referendum.

    La nuova modifica di legge dei giochi in denaro tra le altre cose prevede che solo 21 casinò svizzeri (12 dei quali in mani estere) di offrire i loro servizi di gioco d’azzardo online, mentre a tutti gli altri operatori nazionali e stranieri che hanno fino ad oggi offerto il loro servizio verranno difatti bloccati dall’amministrazione federale. A nessun residente in Svizzera sarà permesso accedere a questi siti online, che verranno quindi di fatto censurati.

    Si tratterebbe del primo intervento da parte dello stato in Svizzera che va a limitare l’accesso di internet ad attività legali, e risulta essere addirittura una prima Europea. Giusto andare a censurare tutti quei siti web che riguardano pornografia infantile o la vendita illegale d’armi, ma queste sono attività che vanno in qualche modo a ledere direttamente l’integrità del cittadino. Il gioco d’azzardo invece, per quanto per alcuni possa essere una spiacevole attività, non è illegale. E con questa legge non lo diventerà di certo, visto che si va a rafforzare la presenza dei già citati 21 casinò, alla quale sarà permesso di aprire la loro attività online. I favorevoli decantano con questa censura di siti online la protezione dal gioco patologico, ma mentre si chiudono dei siti, se ne aprono di altri. Bizzarro, non trovate?

    Ma se non si va a proteggere nessun giocatore patologico, perché in parlamento si è votato una modifica del genere? La risposta è una: la Lobby dei Casinò, che avrebbe quindi il monopolio del mercato dei giochi d’azzardo in Svizzera. Alla domanda di Andrea Caroni (PLR), membro del Consiglio degli Stati, perché la legge non prevede concessioni online, la consigliera federale Simonetta Sommaruga ha risposto: “I casinò qui si sono imposti”.  Vogliamo dunque davvero rinunciare al principio della libertà di internet per favorire la Lobby dei Casino? Votiamo NO il prossimo 10 giugno alla legge sui giochi in denaro!

     

    Diego Baratti

    Vicepresidente Giovani UDC Ticino

    CO-Presidente del comitato contrario alle legge sui giochi in denaro

  • Futuro in bilico

    Futuro in bilico

    Sarebbe interessante sapere come mai nella nostra “piccola” Svizzera, la quale compare nelle statistiche del 2017-2018 come prima nazione con la qualità di vita superiore alle altre, vi è una percentuale elevata di famiglie che vive al limite della povertà.

    Il divario fra le classi sociali è sempre più ampio rispetto a 20 anni fa quando ancora esisteva il ceto medio. Attualmente vi sono unicamente due “classi”: i ricchi e i benestanti oppure le singole persone, soprattutto anziani, o famiglie che dopo aver pagato tutte le spese arrivano a fine mese con poca disponibilità finanziaria.

    Gli anziani, ad esempio, costituiscono una gran parte della nostra popolazione, quasi un terzo; molti di loro che non sono proprietari di un’abitazione, con il pagamento dell’affitto e altre spese mensili si ritrovano ad avere problemi finanziari.

    Ci vuole una migliore distribuzione delle nostre risorse finanziarie! Piuttosto che versare miliardi a favore di nazioni estere, vedi 1.3 miliardi all’UE, sarebbe più opportuno aiutare i giovani in formazione, le famiglie disagiate e gli anziani in difficoltà.

    Penso al nostro Cantone, dove la situazione economica nel complesso è abbastanza buona, dove però vi sono dei margini di miglioramento. Bisogna analizzare maggiormente i vari settori dell’economia individuando i punti critici.

    Mi rendo conto che la soluzione non è delle più semplici, ma sono convinto che se ci fosse maggiore collaborazione tra politica, enti, società e ditte si potrebbe iniziare a migliorare la situazione.

    Sicuramente un punto a nostro favore lo troviamo all’ interno della formazione dei giovani, i quali hanno molte possibilità per intraprendere una professione oppure per il proseguimento degli studi. Purtroppo a volte mancano i posti di lavoro per la formazione ed è qui che bisogna trovare la soluzione. Poiché spesso si preferisce formare qualcuno che poi in futuro costi meno dei nostri!

    Per non parlare di quei studenti che una volta terminato il loro percorso non riescono a trovare un impiego per cui sono costretti a recarsi all’estero oppure devono ricorrere agli aiuti della disoccupazione. O semplicemente non rientrano più in Ticino

    Incrementiamo i controlli di chi entra in Svizzera e non accogliere come succede attualmente qualsiasi persona che mette piede da noi. Prendiamo esempio dall’Australia o dal Canada che adottano un sistema rigido per quanto concerne gli arrivi. Basta farsi influenzare troppo facilmente dal disagio dal quale provengono queste persone. Non dobbiamo sentirci in obbligo verso le altre nazioni.

    Mi auguro che il nostro Paese possa mantenere sempre la sua identità di luogo sicuro ed affidabile! Ma per far si che questo avvenga dovremo lavorare tutti insieme, politici attuali e generazioni future, ad un solo obiettivo: mantenere e migliorare la qualità di vita in tutti i suoi aspetti!

     

    Luca Vögeli, Consigliere Comunale GUDC Ronco Sopra Ascona

  • Le sfide future della SSR

    Le sfide future della SSR

    Come preannunciato l’iniziativa “NoBillag” è stata bocciata a grande maggioranza dal popolo svizzero. Un chiaro segnale, che però la SSR SRG non deve ora utilizzare come pretesto per continuare tutto ciò che ha fatto finora, ma semmai il contrario. La produzione di programmi scandalosi in nome del fantomatico servizio pubblico (come ad esempio il programma SRF su come masturbarsi) non devono mai più verificarsi. La SSR deve ora puntare a programmi di informazione e intrattenimento di qualità, che hanno diretto e stretta attinenza al servizio pubblico e alla realtà locale e nazionale. Non tutto quello che è TV è servizio pubblico, certe trasmissioni povere di valore lasciamole alle TV italiane. Voci critiche contro la SSR devono ora essere ascoltate (e non allontanate come spesso si è visto) per capire dove e come si può migliorare, e cosa invece sarà meglio tralasciare. Anche i commenti di parte, a cui tanto si è visto negli ultimi anni, devono essere eliminati. Una ditta che opera sotto un mandato pubblico non può permettersi di dare la sua versione di fatti, ma deve dare semplicemente i fatti, in modo neutrale e apolitico, in modo tale che il cittadino possa farsi una sua idea non corrotta.

    Il tanto decantato e promesso “Piano R”, come Risparmio o Ristrutturazione o Riforme, diventa dunque ora vitale per la credibilità della SSR e deve essere quindi al più presto attuato. Un’impresa con una gestione aziendale come la SSR SRG ma senza sussidi statali sarebbe già fallita da tempo sotto le influenze del libero mercato e dei giochi di domanda e offerta. I manager SSR devono ora fare delle scelte, di programmazione e di contenuti, e ridurre notevolmente i costi. Certo ciò porterà ad una riduzione dell’offerta e anche degli impieghi, ma quello ne uscirà sarà una SSR forte, efficiente e efficace, capace di interpretare al meglio il suo ruolo di detentrice del mandato pubblico, senza abusarne. Con un lavoro manageriale in questo senso si potrebbe prevedere di ridurre annualmente il canone in modo graduale fino a raggiungere la somma, non poi tanto lontana, di 200 chf all’anno. Una somma che in molti sarebbero disposti a pagare, e che sarebbe vista più giusta, in base ad una comparazione internazionale e al rapporto qualità prezzo. Sarà difficile? Ovviamente, ma il margine di manovra c’è, ed è esteso; un piccolo esempio: cosa serve inviare quattro giornalisti con altrettanti cameramen e addetti al suono di quattro sotto aziende diverse ad un evento nazionale, quando basterebbe una squadra sola e poi far tradurre il tutto nelle tre lingue mancanti? Le sfide che attenono la SSR del futuro sono grandi, ma non è possibile fallire: ne andrebbe della qualità mediatica Svizzera e anche un po’ della coesione nazionale. Sono sicuro che la SSR può vincere questa sfida, ne sarai molto contento, ma deve farlo con l’aiuto di tutti, per evitare che quei “No, ma…” all’Iniziativa come il mio si trasformino in futuro in Si.

    Diego Baratti, Vice Presidente Giovani UDC Ticino

     

  • Esiste ancora la democrazia?

    Esiste ancora la democrazia?

    Joseph Schumpeter definì la democrazia come «lo strumento istituzionale per giungere a decisioni politiche, in base al quale singoli individui ottengono il potere di decidere attraverso una competizione che ha per oggetto il voto popolare», o per dirlo in parole povere, dove tutto il potere è in mano al popolo. Pochi però sanno che la vera democrazia non esiste. Si possono infatti trovare degli ostacoli al raggiungimento della cosiddetta democrazia perfetta, di cui negli ultimi anni abbiamo avuto sempre più chiari esempi.

    La costituzione Svizzera mette a disposizione del popolo forti strumenti di partecipazione democratica, che in altri stati non esistono o sono poco utilizzati, ossia il referendum e l’iniziativa. Questi strumenti rendono il nostro stato tra i più liberi e democratici al mondo, in quanto i cittadini hanno la possibilità di partecipare in modo attivo in una democrazia di tipo indiretto, ossia dove non è il popolo che governa direttamente ma esistono dei rappresentanti che fanno (o dovrebbero fare) da intermediari. Ed è proprio qui che però sta il problema. Nel settembre 2016 il popolo ticinese, sulla falsa riga della votazione sul 9 febbraio, ha approvato l’iniziativa “Prima i nostri” esprimendo così il suo volere di una preferenza indigena verso la classe politica. Essendo la Svizzera (e dunque pure il Ticino) una democrazia, il popolo è teoricamente il sovrano, e di conseguenza tutto ciò che la maggioranza esprime, dovrebbe essere elaborato e applicato dai rappresentanti del popolo in governo e in parlamento idealmente nella stessa maniera a quanto voluto e espresso dal popolo. Spesso però ci siamo confrontati con degli escamotage per evitare quello che era il volere del popolo. Un altro esempio lampante tra tutti quello dell’applicazione dell’iniziativa del 9 febbraio.

    Questo si può ricondurre in quello che Roberto Bobbio nel suo libro “Il futuro della democrazia” chiama le promesse non mantenute della democrazia, tra le quali troviamo anche la rivincita della rappresentanza degli interessi. In una democrazia ideale il deputato non dovrebbe rappresentare gli interessi di chi lo ha votato (o peggio di chi lo ha sostenuto finanziariamente) ma della maggioranza della nazione. Non ci dovrebbero essere vincoli al suo agire, ma in una democrazia reale il deputato segue però la rappresentanza degli interessi.

    Ecco quindi cosa è successo negli scorsi giorni a Bellinzona! I nostri cari Gran consiglieri, invece di perseguire i chiari interessi del popolo, hanno preferito dar peso unicamente ai propri interessi personali, spinti da motivi economici e da amicizie con l’Unione Europea. I nostri politici hanno difeso de facto gli interessi dell’UE, un organo meno democratico della nostra nazione, senza applicare quanto voluto dal popolo e facendo così cadere il patto democratico. Ovvio, il mondo e la democrazia non è perfetta, avere un’uguaglianza a quanto voluto dal popolo può essere difficile, ma almeno ci cerca di avvicinarsi. Quello a cui invece abbiamo assistito a Bellinzona è stato un chiaro allontanamento, con una NON applicazione dell’iniziativa che non cambierà le cose nel nostro paese e che ci rende ancor più schiavi al dixit dell’UE. A questo punto è giusto chiedersi: Ha ancora senso andare a votare, se tanto quello che dice il popolo non viene nemmeno preso in considerazione? Ha ancora senso parlare di democrazia? La democrazia esiste ancora? Quale avvenire ha la democrazia? Io personalmente voglio credere che esista ancora una risposta positiva a queste domande, anche perché di soluzioni migliori e attuabili alla nostra “finta” democrazia al momento non esistono.

    Diego Baratti, Vice Presidente Giovani UDC Ticino

  • Quale futuro?

    Quale futuro?

    Mercoledì 21 febbraio dopo quasi un anno e mezzo di discussioni, interpellanze e molti dubbi il Gran Consiglio era chiamato a prendere posizione in merito all’iniziativa cantonale Prima i Nostri. E come ben sappiamo il concetto di preferenza indigena è stato rifiutato di misura dalla maggioranza del legislativo. PS, PLR parte dei verdi e quasi tutto il PPD si sono categoricamente opposti alla messa in atto dell’iniziativa accettata alle urne con il 58% il 25 settembre 2016.

    C’è chi come me è rimasto deluso, pur sapendo che l’esito era già scontato, chi invece gioisce. Si rallegra della bocciatura di un concetto basilare in molti Stati, quel imprenditore che siede a Bellinzona anche per difendere i propri interessi personali senza nemmeno rendersi conto che i cittadini che dissero Sì a Prima i Nostri furono anche coloro che li elessero in Parlamento. Personaggi politici che dal centro all’estrema sinistra han più volte inneggiato affermazioni che van contro lo spirito democratico e di democrazia diretta che vige da due secoli in questo Paese.

    A quanto pare, secondo Ducry, sembra che il popolo non è più sovrano poiché di tanto in tanto non si rende conto del tema che è chiamato a votare dando così il dovere al legislativo di respingere una decisione popolare piuttosto che metterla in atto come invece dovrebbe fare una democrazia. Gendotti e Ay, come ormai viene ripetuto da molti da diverso tempo, richiamano al fatto che l’iniziativa è inapplicabile e che gli iniziativisti stessi han da sempre illuso i ticinesi portandoli alle urne su un tema importante. L’ennesima menzogna di coloro che san benissimo che spetta al potere legislativo, e non agli iniziativisti; mettere in atto la volontà popolare! E un Germano Mattei che non ha ancora capito che i 67’000 posti di lavoro assegnati a frontalieri verrebbero svolti anche da quei ticinesi e residenti in disoccupazione o in assistenza. Il mito che i frontalieri fan quei lavori che i ticinesi non vogliono fare è sfatato da anni ormai, eppure qualcuno ancora non lo capisce.

    La bocciatura di Prima I Nostri così come è stata approvata dalla popolazione porterà ancor di più allo sfascio il mondo del lavoro in Ticino, già incasinato oggi giorno. L’approvazione di una versione light è solo un piccolo spiraglio di luce poiché gran parte dei frontalieri e dei lavori in Ticino non è impiegata nel settore pubblico e/o para pubblico. È già scandaloso di suo che il cantone assuma frontalieri quando i disoccupati residenti sono a migliaia e non smettono di aumentare.  Sono invece tutte quelle ditte, aziende, uffici, negozi e tutte quelle imprese di servizi che assumono la gran parte dei frontalieri. Privati che ormai sempre più spesso, non tutti per fortuna, fanno i propri interessi piuttosto che quelli dell’impiegato rendendo così la propria busta paga sempre più misera poiché assumere da oltre confine costa meno e rende così più ai dirigenti e all’azienda stessa. Ciò fa sì che sempre più gente residente in Ticino venga lasciata a casa per far posto ad un frontaliere disposto a prendere la metà del salario se non addirittura meno.

    Quale futuro per i nostri giovani? Studenti che dopo aver terminato gli studi oltre Gottardo torneranno in Ticino per lavorare e far famiglia? O preferiranno rimanere a Zurigo, Basilea o Losanna poiché le condizioni di vita e lavoro son migliori? E gli apprendisti che oggi già fan sempre più fatica a trovare un posto di tirocinio? Chi garantirà loro un lavoro e un salario dignitoso in Ticino al termine del loro percorso formativo? Ebbene Prima i Nostri prendeva anche in considerazione questo argomento.

    Dagli ambienti economici e diverse figure politiche ci vien detto che il lavoro in Ticino continua a crescere con un aumento dei posti di lavoro. Vero, così è, ma omettono anche di dire che allo stesso tempo il numero di disoccupati aumenta e di certo non per puro caso anche i frontalieri son sempre di più. Così facendo si viene a creare una situazione insopportabile per molti. Con decine di migliaia di persone da oltre confine disposte a guadagnare 2000 franchi o meno al mese, il residente è costretto a cercare altrove o ad adattarsi. Ciò porta ad una sempre maggior povertà in Ticino poiché pur avendo i salari più bassi della Svizzera i costi di vita son gli stessi di Zurigo e altre realtà svizzere.

    Daniel Grumelli, Presidente Giovani UDC Ticino

  • Billag, la democrazia ha già perso

    Billag, la democrazia ha già perso

    Tra i principali argomenti dei contrari all’iniziativa NoBillag (tra i quali ci sono anche io) c’è la difesa della democrazia, che subirebbe un grave colpo nel passasse un sì. Ma la realtà è tutt’altra: qualsiasi sia il risultato delle urne il prossimo 4 marzo, la democrazia ha già perso.

    Mai come prima d’ora un dibattito politico ha scaldato così tanto gli animi e i cuori dei ticinesi come la votazione sulla NoBillag, ma quello che poteva prospettarsi come un costruttivo dibattito democratico che avrebbe portato alla partecipazione al voto di molte persone, si è in realtà trasformato come uno dei più grandi fallimenti che la democrazia Svizzera abbia visto negli ultimi due anni.

    Il dibattito, sia a livello cantonale che nazionale, ha da subito preso una brutta piega, sia da parte degli iniziativisi che dai difensori del Canone: in poco tempo si sono visti sui media e sui social aumentare in modo esponenziale insulti, attacchi personali, commenti spregevoli, manomissione di cartelloni e striscioni, da parte di ambo le parte, pure, cosa assai scandalosa, dagli stessi giornalisti RSI e dagli iniziativisi. Proprio coloro che avrebbero dovuto dare l’esempio di uno scambio di opinioni pacifico e rispettoso, sono stati tra i primi a cadere nel baratro dell’impertinenza e del vilipendio. Complimenti! Vi sembra normale che il capo informazione della RSI paragoni coloro che vogliono abolire il canone a dei gerarchi nazisti? Vi sembra normale che gli stessi iniziativisi accusino i dipendenti RSI di squadrismo?

    La democrazia si basa su valori come la libertà di opinione e il rispetto di idee e persone. Cosa ha dunque a che fare questo insidioso dibattito con la democrazia, quando appena uno apre bocca per esprimere qualsiasi opinione viene insultato a priori e neanche ascoltato? NoBillag No Svizzera, ma è già successo, ed è colpa di tutti noi…

    Diego Baratti, Vice Presidente Giovani UDC Ticino

  • Funiciello, la Svizzera ha ben altri problemi!

    Funiciello, la Svizzera ha ben altri problemi!

    Con la dichiarazione del Presidente degli Stati Uniti d’America, di partecipare alla 47° edizione del WEF di Davos in Svizzera in molti si son mobilitati per l’arrivo di Donald J. Trump nel nostro Paese.

    Oltre a due Consiglieri Federali, Schneider-Amman e Berset, che han dichiarato di voler incontrare Trump per discutere di economia e politica, anche la GISO si è attivata per l’arrivo da oltre oceano.

    Gioventù Socialista che partita in pompa magna con tanto di video sui social e articoli, le è stata negata l’autorizzazione per l’ennesima protesta che avrebbe richiamato a Davos oltre ai giovani del Partito Socialista, soprattutto quegli individui facenti parte di gruppi anarchici e di estrema sinistra tutt’altro che tranquilli e innocui. Tutto ciò il comune retico lo sa benissimo e ha preferito così vietare l’ennesima manifestazione di protesta che come si è già visto diverse volte, non è a meno di negozi e altri luoghi pubblici danneggiati se non distrutti.

    Forse giova ricordare alla cara Tamara Funiciello che Donald J. Trump è stato eletto democraticamente quale Presidente degli Stati Uniti d’America. Piaccia o non piaccia, è stato scelto dagli elettori americani alla guida del loro Paese, punto! Capisco perfettamente la presa di posizione nei confronti delle dichiarazioni molto discutibili provenienti da Washington, ma non per questo bisogna arrivare a proibire l’entrata di Trump in Svizzera. Anzi, vietare l’ingresso al leader della Casa Bianca andrebbe contro i nostri principi di neutralità. Da sempre accogliamo personalità politiche da tutto il mondo, e da sempre tale ospitalità è apprezzata nei quattro angoli del globo.

    Che Trump non piace non è un segreto, tant’è che la percentuale di gradimento negli States è ai minimi storici. Ma di certo non fa di lui un criminale come invece diversi giovani esponenti di sinistra sostengono. Anzi, vorrei ricordare che lo scorso anno al WEF partecipò il Presidente cinese Xi Jinping, nonché leader del Partito Comunista cinese, conosciuto per il rispetto dei diritti umani che concede a chi non condivide la politica di Pechino e alle rigide leggi imposte alla popolazione. E la partecipazione di Pol Pot oltre un ventennio fa? Allora alla guida dei guerriglieri rivoluzionari della Cambogia, i Khmer Rossi, che sterminarono milioni di persone durante il processo di epurazione del popolo cambogiano. Ebbene in entrambi i casi nessuno si era mosso per evitare la partecipazione di due personalità molto discusse per i loro metodi utilizzati.

    Se domani si andasse per le vie e le strade del nostro Paese dubito che qualcuno dica che i problemi quotidiani che uno svizzero è costretto ad affrontare siano legati alle dichiarazioni di Donald J. Trump, ma bensì temi più vicini a noi come il mondo del lavoro, i salari sempre più miseri e insostenibili o l’AVS e il continuo aumento dei costi sanitari, casse malati in primis.

    Cara Funiciello, credo sia meglio occuparsi dei nostri problemi, quelli che quotidianamente deve affrontare ogni cittadino che vive in questo Paese piuttosto che contrastare la neutralità e l’ospitalità diplomatica che da secoli ci caratterizza e viene apprezzata da tutti.

    Daniel Grumelli, Presidente Giovani UDC Ticino